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Testo introduttivo

8 SETTEMBRE '43

LA LIBERAZIONE D'ITALIA

La sconfitta dell’Asse in Nord Africa e dei Nazi-Fascisti in Italia

negli Archivi fotografici di Stato americani, polacchi e tedeschi

LA MOSTRA

 

Composta di 65 fotografie di grande suggestione, scelte sia per la ricchezza dei contenuti documentaristici che per la loro alta valenza estetica, l’esposizione ripercorre brevemente gli eventi che hanno portato alla sconfitta delle armate italiane e tedesche in Nord Africa per poi soffermarsi approfonditamente sull’invasione alleata della Sicilia, l’Armistizio dell’8 settembre del 1943 e gli eventi che sono seguiti fino alla completa liberazione dell’Italia dalle forze nazi-fasciste. Le immagini provengono dagli Archivi di Stato americani, polacchi e tedeschi. Una scelta curatoriale e produttiva che mira a valorizzare e far conoscere collezioni poco note in Italia, conservate e messe a disposizione gratuitamente dalle Istituzioni e Autorità Pubbliche che ne sono proprietarie con l’intento mirabile di promuovere la Storia dei loro Paesi.

 

Il punto di vista visuale è perciò quello degli Archivi da cui sono state selezionate le immagini. La mostra è corredata di ricche didascalie integrative di approfondimento che compensano le mancanze iconografiche attraverso i loro contenuti. Il taglio dei testi è giornalistico: una prospettiva che rinnova il modulo editoriale delle foto-notizie, tipico dei grandi quotidiani e periodici della prima metà del Novecento, combinandolo con i nuovi linguaggi della divulgazione storica contemporanea. Una scelta che riprende i principi narrativi della Public History, una vera e propria nuova disciplina che mira a raccontare la Storia ai più giovani e al grande pubblico con linguaggi meno accademici, più dinamici e meno distanti dall’eloquio quotidiano. Il risultato è una scrittura agile, spesso a tinte forti e molto ritmata che ha l’obiettivo di incollare i lettori ai testi e portarli senza fiato fino alla fine delle vicende narrate.

 

I dati storici e i brani di testi narrativi, sempre per scelta curatoriale e produttiva, provengono da vari documenti istituzionali, iniziative editoriali, testi giornalistici e voci enciclopediche rintracciate in gran parte su Internet ma non solo. Non sono state inserite le fonti delle informazioni nel dettaglio perché la loro raccolta non mira a emulare i saggi accademici, ma semplicemente a fornire gli elementi necessari per dare un contesto al discorso del curatore, impostato deliberatamente con una logica sia da cronista che da opinionista.

 

Un’ultima importante segnalazione: in riferimento alle forze americane e inglesi, nonché a tutti gli Eserciti che le affiancano in battaglia sui Fronti occidentali e meridionali d’Europa, è usato il termine Alleati. Una scelta lessicale tradizionale in linea con la narrativa italiana riguardante la storia della Seconda Guerra Mondiale. Ma a livello internazionale, soprattutto in ambienti anglosassoni, il termine utilizzato al posto di Alleati è Nazioni Unite. Il riferimento all’O.N.U. – Organizzazione delle Nazioni Unite che traspare da questa definizione non è fortuito: Americani e Britannici, a partire dall’agosto del 1941, cioè da quando è stato concepito dal Presidente Roosevelt e dal Primo Ministro Churchill l’Organismo Internazionale che sostituirà la fallimentare Società delle Nazioni, cominciano a riferirsi a loro stessi proprio come Nazioni Unite.

 

L’obiettivo è palese: rendere chiaro che le due Potenze combattono per un mondo nuovo, che deve essere ispirato a principi di giustizia e libertà. Gli stessi per cui combattono contro il Fascismo e il Nazismo. E in teoria anche contro il Comunismo in stile sovietico. Ma questioni di real politik hanno costretto gli stessi artefici del progetto ideale a piegarsi alla realtà non inserendo l’Unione Sovietica nel novero dei nemici da combattere e accettandola come Alleato almeno a livello formale. Ma sia a Washington che a Londra sono sempre stati persuasi, anche se con differenti consapevolezze, che il futuro nemico sarebbe stata Mosca. Come lo scoppio della Guerra Fredda dimostrerà.

 

 

LA LIBERAZIONE D’ITALIA

 

L’Italia entra nella Seconda Guerra Mondiale nel giugno del 1940, quasi un anno dopo l’inizio del Conflitto scatenato da Nazisti e Sovietici con l’invasione della Polonia, Paese che nei piani dei due complici deve essere spartito tra di loro, seguendo la stessa logica con cui si dividono l’Europa orientale e in particolare le Nazioni affacciate sul Baltico. Inglesi e Francesi, legati ai Polacchi da un trattato di alleanza, dovrebbero dichiarare guerra sia a Berlino che a Mosca ma non hanno il fegato di farlo. Temono l’unione delle due dittatture totalitarie e decidono di non rispettare i patti con Varsavia: si limitano perciò a scendere in campo contro la sola Germania. Sperono infatti che la loro mossa possa favorire in futuro un’alleanza con l’Unione Sovietica in funzione anti-tedesca nel caso sconfiggere Berlino si riveli un’impresa troppo difficile per le loro sole forze.

 

L’Italia dovrebbe entrare nel Conflitto con la Germania se non vuole perdere la faccia: a stabilirlo è il Patto d’Acciaio che prevede l’inaudita clausola di scendere in guerra a fianco di uno dei sottoscriventi anche se questi si mette a sparare senza prima ottenere il via libera da tutti gli altri. Una follia diplomatica e politica voluta dal Duce e assecondata dall’Establishment che avrebbe dovuto rendere l’Italia meno isolata politicamente ma che in realtà condanna il Paese alla subalternità alla Germania. Quando entra in scena l’Italia, la Francia sta per essere sconfitta diventando una Nazione vassalla dei Tedeschi. La Gran Bretagna è perciò l’unico Paese europeo rimasto sulla scena a contrastare il dilagante impero del Terzo Reich.

 

Mussolini e la Monarchia pensano di essere furbi e vogliono approfittare delle vittorie della Germania portando avanti, in tutta autonomia, una guerra parallela a quella tedesca che permetta loro di ampliare i confini dell’Impero Italiano, riportando così Roma alla giusta gloria che le avevano dato gli antichi romani. Gli eserciti del Duce si muovono di conseguenza alla conquista dei Balcani ma impreparati come sono, un problema che è sempre stato presente ai Generali italiani, ci fanno delle pessime figure. Il risultato è che Roma deve chiamare in soccorso Berlino, che a sua volta risponde inviando sue forze a supporto. Il loro arrivo significa la fine della Guerra in autonomia dell’Italia e l’inizio della totale subalternità di Mussolini a Hitler.

 

In Africa orientale ad attaccare sono gli Inglesi e per quanto gli Italiani si dimostrino coraggiosi, alla fine le prendono. Unica consolazione è il riconoscimento del valore delle truppe quando sfilano davanti ai vincitori che gli fanno il preṡentatàrm. In Nord Africa sono gli Italiani ad attaccare e gli Inglesi a rispondere. Di nuovo gli Eserciti di Roma mancano l’obiettivo e devono chiedere aiuto a quelli di Berlino ma è tutto inutile: alla fine l’Asse deve accettare la sconfitta. Dopo la vittoria in Nord Africa gli Alleati devono prendere una decisione: dove invadere il Continente europeo come promesso a Stalin. La Russia infatti dal 1941 è stata invasa dalla Germania. E i Sovietici da nemici sono diventati amici. Ma se gli Americani hanno solo in mente la sconfitta del Nazismo, gli Inglesi invece pensano già al nuovo nemico che si staglia all’orizzonte: proprio l’Unione Sovietica. Credono infatti che il suo passaggio di fronte con Americani e Inglesi non è per condivisione di ideali ma per necessità. E i fatti, a Guerra ancora in corso, daranno loro ragione.

 

La Liberazione dell’Italia, o come la definiscono gli Alleati la Campagna d’Italia, è quindi per Washington l’apertura di un Fronte secondario in vista dell’invasione della Francia dalla Normandia per poi rivolgere le armate verso Berlino, passando attraverso la strada più breve. Per Londra è invece il Fronte principale: bisogna conquistare l’Italia prima possibile per poi correre verso il Danubio a fronteggiare i Comunisti per evitare che l’Impero Sovietico stenda il suo potere su tutta l’Europa dell’Est e diventi così potente da minacciare tutta l’Europa occidentale, Gran Bretagna compresa. L’intera Campagna d’Italia può essere quindi interpretata come il tentativo tenace ma spesso infruttuoso di Sua Maestà britannica di porre un limite alle conquiste dei Sovietici mentre avanzano da Est.

 

L’invasione della Sicilia nel luglio del ‘43 è la prima mossa che dovrebbe porre le basi per raggiungere l’obiettivo finale. Il successo dell’operazione ha una conseguenza già calcolata dagli Alleati: la resa dell’Italia ai primi di settembre e il suo passaggio tra le loro fila. La caduta di Mussolini nei giorni successivi allo sbarco sull’Isola ne è il prologo. La sua liberazione da parte dei Nazisti che hanno invaso tutta la Penisola e la nascita conseguente della Repubblica Sociale Italiana, nuova Entità statale guidata dal Duce che si pone in antagonismo con il Regno d’Italia, un’evenienza non prevista che fa scoppiare la guerra civile tra Italiani.

 

Le forze anti-fasciste, divise tra i vari orientamenti ideali e politici ma unite nella lotta per la Liberazione del Paese, daranno un forte contributo alla sconfitta delle armate occupanti ma sono anche una questione difficile da gestire da parte degli Alleati. Il loro esordio sulla scena infatti complica invece di semplificare le dinamiche politiche del Paese: una parte di loro, quella che va dalla Sinistra liberale alla Sinistra marxista, non riconosce l’autorità della Monarchia italiana e agisce per lungo tempo in modo autonomo portando avanti una propria strategia che non sempre coincide con gli obiettivi del Re, di Washington e di Londra.

 

La soluzione al problema la dà l’Unione Sovietica, che obbliga il Partito Comunista a entrare in un Governo di unità nazionale. È un bene per l’Italia ma è anche la conferma che uno degli attori in campo agisce per conto dei Sovietici e non è detto che abbia obiettivi finali democratici per come si intende il concetto in Occidente. Adesso però gli schieramenti dell’una e dell’altra parte se non altro hanno la loro definitiva connotazione, il che semplifica di parecchio la prospettiva alleata. Il resto è cronaca di guerra: al Centro-Nord attività di guerriglia dei Partigiani e operazioni di controguerriglia dei Nazi-Fascisti con contorno di stragi di civili per rappresaglia; al Centro-Sud una serie di operazioni alleate che dovrebbero ogni volta essere definitive e che ogni volta invece ottengono il minimo accettabile.

 

Un tira e molla che si conclude in contemporanea con l’arrivo a Berlino dei Russi e la morte di Hitler. La Gran Bretagna alla fine non riesce ad arrivare fino al Danubio come nei desiderata di Churchill ma solo fino all’Austria a Nord e a Trieste a Est. L’America, che è lo stesso soddisfatta perché la Guerra è finita anche se i Sovietici si sono mangiati mezza Europa, fa buon viso a cattivo gioco e pensano già al Dopoguerra e alle sfide di domani. Gli Italiani concludono il Ventennio fascista e la Liberazione d’Italia con l’orrida “macelleria messicana” – parole di Ferruccio Parri, capo del Partito d’Azione, i cui Partigiani sono tra i più numerosi in circolazione - di piazzale Loreto esponendo i cadaveri di Mussolini e di Claretta Petacci al pubblico ludibrio e alla pubblica furia.

 

La Guerra è finalmente finita. L’Italia adesso dovrebbe affrontare le macerie lasciate. Materiali, perché tante delle infrastrutture sono state distrutte. E morali, perché in teoria bisognerebbe mettere sotto processo i gerarchi fascisti sopravvissuti, i loro sottoposti più feroci e, perché no, anche la Monarchia complice di 20 anni di regime. E a dirla tutta, bisognerebbe rinnovare anche tutta la classe dirigente sia nel pubblico che nel privato visto che in molti hanno partecipato alla follia collettiva fascista. Ma l’operazione di repulisti appare piuttosto difficile sin dall’inizio visto che tutti o quasi hanno inneggiato al Duce prima di passare dalla parte giusta. Un’amnistia generale chiude i conti di tutti con il passato. Gli Italiani vanno al voto e optano per la Repubblica, risolvendo così alla radice anche la questione di quale forma dello Stato si debba avere dopo ventanni di dittatura. La Nazione adesso può proiettarsi nel suo futuro.

 

 

LE FOTOGRAFIE PROVENIENTI DAGLI ARCHIVI DI STATO AMERICANI

 

Le immagini, alcune molto conosciute all’estero ma meno in Italia, provengono in gran parte dagli Archivi di Stato americani, in particolare Library of Congress, U.S. National Archives, U.S. Navy e U.S. Army. Una selezione di fotografie di grande qualità estetica che permettono di raccontare non solo la drammaticità degli scontri in prima linea ma anche le condizioni di vita dei soldati, i retroscena della Campagna d’Italia, le distruzioni che l’hanno accompagnata e le difficoltà della popolazione italiana.

 

Le immagini della U.S. Navy sono spesso realizzate dai fotografi che facevano parte della celebre The Naval Aviation Photographic Unit capitanata da Edward Steichen, a sua volta fotografo già estremamente conosciuto negli Stati Uniti prima dell’inizio del Conflitto. Sono veri e propri professionisti provenienti dalle più diverse discipline della fotografia che diventeranno autori di fama internazionale nel Dopoguerra continuando a lavorare come freelance o entrando nelle principali agenzie mondiali.

 

Il loro compito principale era quello di raccontare la vita sulle portaerei per invogliare i piloti civili ad arruolarsi nella U.S. Navy invece che nella concorrente U.S. Air Force. A volte andavano oltre i loro compiti specifici ritraendo anche la popolazione e le località italiane man mano che gli Alleati avanzavano lungo la Penisola. Di particolare qualità sono le immagini della popolazione napoletana e dei suoi bambini realizzate da Wayne Miller nell’agosto del ‘44 mentre è in preparazione l’invasione della Francia Meridionale programmata con  l’Operazione Dragoon.   

 

Le immagini provenienti dagli Archivi dell’U.S. Army sono invece realizzate da decine di fotografi, per lo più sconosciuti ma a volte di grande talento, arruolati negli U.S. Army Signal Corps con il compito di documentare le azioni di guerra e di raccontare la vita sul fronte e nelle retrovie. Degli stessi archivi fanno parte anche una serie di immagini scattate da semplici soldati o Ufficiali dell’Esercito che all’occasione usavano la propria macchina fotografica personale per documentare le loro esperienze di guerra, i contatti con la popolazione civile o quanto vedevano mentre combattevano.

 

A fornire in formato digitale molte delle immagini degli U.S. Army Signal Corps è il Signal Corps Archive, un Ente privato che ha l’intento di metterle gratuitamente a disposizione in alta definizione agli addetti ai lavori e al grande pubblico postandole su Flickr in un lavoro che è in continuo progredire dal 2020. Una parte di esse tuttavia erano già state messe a disposizione dagli uffici degli U.S. National Archive in un progetto di cooperazione con Wikipedia Commons, che ha permesso l’accesso gratuito a migliaia di immagini sulla storia americana.

 

Una delle immagini esposte è stata realizzata dalla fotografa di fama mondiale Toni Frissel. In essa l’autrice ritreae un gruppo di piloti afro-americani durante un briefing prima di entrare in azione per una missione con la loro squadriglia. Siamo nel marzo del 1945 a Ramitelli, nel Comune di Campomarino, in Provincia di Campobasso in Molise. La foto fa parte di un servizio dedicato proprio ai piloti afro-americani appartenenti alla 332d Fighter Group (il "Tuskegee Airmen") realizzato con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti degli Afro-Americani nell'Esercito degli Stati Uniti e per sottolineare il sacrificio e il contributo da loro fornito per vincere la Guerra sebbene in patria siano vittime di razzismo.

 

Autrice di immagini di moda per le più importanti riviste internazionali, conosciuta per le sue ambientazioni esterne che mostrano le donne enfatizzando il loro attivismo sul lavoro e nella vita privata, Toni Frisell comincia a ritrarre il Secondo Conflitto Mondiale prima con la American Red Cross, quindi con la Eighth Army Air Force e infine come fotografa ufficiale dei Women's Army Corps. È forse sua, anche se il credito originario afferma che l’autore è sconosciuto o non fornito, una bellissima immagine - esposta in mostra - di soldatesse americane su una spiaggia del Nord Africa mentre sono in libera uscita.

 

 

LE FOTOGRAFIE PROVENIENTI DAGLI ARCHIVI DI STATO POLACCHI

 

Una parte minore delle immagini arriva invece dagli Archivi di Stato Polacchi (Archives Narodowe Archiwum Cyfrowe) e fa parte della Collezione della Casa Editrice Cracovia – Varsavia (Collection Wydawnictwo Prasowe Kraków-Warszawa – vedi: https://portal.ehri-project.eu/units/pl-003140-2) fondata nell’ottobre del 1939 dal Governo nazista della Polonia occupata per ordine di Goebbels, Ministro della Propaganda del III Reich. La sede della casa editrice, produttrice di tutte le riviste legali al tempo nel Paese, si trovava a Cracovia nel Palazzo della Stampa e aveva filiali presenti a Varsavia, Radom, Lublino, Częstochowa e successivamente anche a Lviv.

 

A dirigerla era Hans Strozyk con l’obiettivo di promuoverre le esigenze di propaganda di Hitler. Le fotografie erano scattate da fotoreporter dipendenti della casa editrice, agenzie di stampa, studi fotografici privati e corrispondenti di guerra. Una volta raccolte, le immagini venivano poi distribuite ai vari Organi di Stampa che erano autorizzati a usarle (come a riportare le notizie) senza commenti ma solo con le didascalie ufficiali approvate dalla censura tedesca.

 

La prospettiva delle immagini provenienti dagli Archivi di Stato polacchi è quella delle forze dell’Asse, il taglio è per lo più da fotoreportage, con molte fotografie scattate in prima linea e durante azioni di combattimento. Alcune invece sono costruite accuratamente per sfruttare i chiaro scuri e hanno una veste molto grafica. Molte sono di grande qualità estetica: i fotografi che le realizzavano, al di là della visione ideologica personale o dei loro committenti, erano estremamente consapevoli del mezzo che utilizzavano e particolarmente dotati dal punto di vista artistico.

 

Proviene sempre dalla stessa fonte l’immagine di Benito Mussolini nel momento in cui è liberato a Campo Imperatore dai paracadutisti tedeschi in un’azione spettacolare effettuata con gli alianti, preludio alla nascita delle Repubblica Sociale Italiana. 

 

 

LE FOTOGRAFIE PROVENIENTI DAGLI ARCHIVI DI STATO TEDESCHI

 

Due immagini invece provengono direttamente dagli Archivi di Stato tedeschi, che le hanno messe a disposizione di Wikipedia Commons in alta definizione per un progetto di cooperazione autorizzandone l’uso per qualsiasi finalità. La prima è di particolare importanza per la storia della Seconda Guerra Mondiale in Italia, perché mostra una retata di civili effettuata dalle truppe della Repubblica Sociale Italiana e dell’Esercito tedesco in una via di Roma subito dopo l’attentato partigiano di via Rasella “contro -come recita la didascalia originale fornita dai Bundesarchiv, gli Archivi di Stato della Germania- una compagnia di Polizia altoatesina (aggregata alle S.S.) in addestramento, avvenuto il 23 marzo 1944”.

 

Gli arrestati “furono portati al Viminale, detenuti e malmenati, e una parte di essi -continua a raccontare la didascalia- sarà uccisa nella conseguente rappresaglia alle Fosse Ardeatine”. La seconda mostra un reparto della Xa MAS, corpo d’élite dell’Esercito italiano che in parte aderì al nuovo stato della R.S.I., schierato a Roma per essere passato in rivista dagli Alti Comandi tedeschi presenti in Città prima di raggiungere la prima linea del Fronte di Anzio e Nettuno.

Alessandro Luigi Perna

 

 

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